Gino Prontera e sua moglie Assunta Fazzi arrivarono a Frigole nel 1956, quando la Riforma Agraria portò molte famiglie a trasferirsi in queste terre. Erano ancora ragazzi quando si stabilirono qui con le loro famiglie d'origine, e nel 1965 si sposarono. Da allora, hanno costruito la loro vita attorno all’azienda agricola che ancora oggi gestiscono insieme ai figli, Emanuele e Pamela.
Ricorda bene quel periodo Gino, che all’epoca aveva solo 16 anni. “Quando siamo arrivati qui, il terreno era quasi tutto pascolo cespuglioso. Mio padre, Ippazio, ricevette in assegnazione tre ettari, ma non erano certo campi coltivabili: era terra incolta, con arbusti e cespugli, buona più che altro per il bestiame.” E infatti, agli inizi, la loro famiglia si dedicò soprattutto all’allevamento: due mucche, una cavalla e venti pecore furono il punto di partenza per costruire qualcosa di più grande. Con il tempo, lavorando senza sosta, riuscirono a rendere produttiva la terra e a investire in nuovi terreni. “Mio padre, partendo da nulla, è riuscito persino a comprare una casa a Lecce. All’epoca l’agricoltura aveva valore: il grano si raccoglieva con cura, le olive si raccoglievano a mano una a una perché l’olio aveva un prezzo importante. Oggi, invece, il grano lo diamo alle galline, l’olio non vale più niente e lavorare nei campi è sempre più difficile.”
Negli anni ’50 e ‘60, lavorare la terra significava affidarsi alla forza delle braccia e agli animali. “All’inizio si usava solo la zappa e si arava con i buoi o con la cavalla,” racconta Gino. “Il trattore è arrivato solo nel ’73. Fino ad allora, tutto il lavoro si faceva a mano.” Eppure, nonostante la fatica, si riusciva a vivere meglio di oggi. “Si lavorava duro, ma la terra dava il suo frutto. Oggi, se hai venti pecore, non ci campi. Una volta, invece, bastava per comprare casa, per mandare avanti la famiglia. C’era un equilibrio tra il lavoro nei campi e la vita quotidiana.”
Oggi Gino continua a coltivare la terra con passione. I suoi campi producono ortaggi, ma è particolarmente fiero delle sue cicorie, che gli hanno fatto guadagnare il soprannome di "Re delle Cicorine". “Coltivo cicorie tenere e patate zuccherine. Ogni giorno ne raccolgo un po’ e le preparo per la vendita, come si faceva una volta.” Mentre ci accompagna nei suoi campi, mostra con orgoglio le cicorie fresche appena raccolte, spiegando il processo di pulizia e preparazione prima della consegna alle aziende di conservazione.
Un tempo il territorio di Frigole era molto diverso da oggi. “Quando siamo arrivati, si parlava di pascolo cespuglioso, perché qui gli animali pascolavano tra gli arbusti. Oggi invece si parla di macchia mediterranea, ma la differenza è che prima c’erano gli animali a mantenere questo equilibrio. Ora non più.” Gino ricorda anche un episodio poco noto: negli anni ‘50 furono fatte delle trivellazioni per cercare petrolio proprio a Frigole. “Alla fine, invece del petrolio, trovarono acqua. Acqua buona!”
La storia di Gino e della sua famiglia è la storia di tanti agricoltori che, con fatica e sacrificio, hanno trasformato un territorio difficile in una risorsa preziosa. “Ho sempre lavorato, anche in fabbrica, per poter investire nella terra. Con quello stipendio ho comprato un pezzo di terreno alla volta, fino a creare quello che abbiamo oggi.” Eppure, il mondo agricolo è cambiato. “Una volta si viveva bene con l’agricoltura, oggi invece è una lotta continua. Però, finché potrò, continuerò a coltivare la mia terra, perché è la mia vita.”
Tra ricordi, aneddoti e riflessioni sul valore della terra, questa intervista ci permette di riscoprire un pezzo importante della storia di Frigole. Buona visione!